Per molti adolescenti l’idea di relazionarsi e socializzare con i coetanei (ma anche con gli adulti) scatena ansia e paura e la solitudine potrebbe trasformarsi in una vera e propria forma di depressione. Quando rivolgersi ad uno psicologo.
“Non ho amici”, “non ho voglia di fare nulla”, “non mi interessa niente”. Queste sono solo alcune delle frasi che emergono con i ragazzi durante le sedute. Sempre più giovani presentano senso di vuoto e difficoltà nel rapportarsi con gli altri, non riescono ad instaurare amicizie, a mantenerle, e finiscono per isolarsi. Il rischio concreto è che questo disagio possa trasformarsi in una vera e propria forma di depressione.
Difficoltà a relazionarsi, solitudine, ansia e depressione:
Per molti ragazzi l’idea di relazionarsi e di socializzare con i coetanei o con gli adulti scatena paure e ansia. Ma perché? Perché molti giovani faticano ad interfacciarsi con i loro stessi compagni e con gli adulti? Di fronte a questa difficoltà, i ragazzi evitano situazioni di aggregazione e si isolano ed entrano in quello che potremmo definire come un vero e proprio circolo vizioso. Da insicurezze, ansie e paure si passa al ritiro sociale e alla chiusura in se stessi, preferendo la più rassicurante zona di comfort, rappresentata dalla propria stanza. A scuola il rendimento scolastico cala sensibilmente, diminuiscono attenzione e concentrazione. Anche una semplice interrogazione può essere vissuta come una vera e propria difficoltà. Il confronto e il dialogo con gli altri viene meno e il ragazzo si sente sempre più solo. Matura in molti la convinzione di non avere valore, di deludere e che il loro stesso futuro possa essere compromesso. In questa situazione il ragazzo si sente bloccato, impotente, a volte anche giudicato. Da questa condizione possono sfociare una serie di disturbi tra cui depressione, ansia, disturbi alimentari, disturbi del sonno, atti di autolesionismo…
Il Covid è passato ma il malessere rimane
Non bisogna sottovalutare quanto l’effetto Covid abbia aggravato ed esasperato la situazione. La pandemia ha costretto i ragazzi ad un vero e proprio isolamento forzato. In quei mesi di solitudine, i giovani adolescenti e pre-adolescenti hanno dovuto fare i conti con le loro paure più profonde e hanno visto venire meno le loro certezze. Di fatto l’isolamento forzato ha ostacolato il processo evolutivo dei ragazzi. La speranza era che il ritorno alla normalità migliorasse i disagi provati durante quel drammatico periodo. Per molti però non è andata così e il senso devastante di vuoto e di disinteresse è addirittura peggiorato, come testimoniato anche dall’elevato numero di ragazzi che hanno sentito il bisogno di rivolgersi ad uno psicologo.
La dipendenza digitale e la relazione virtuale
Un altro fattore che di fatto ostacola un autentico incontro tra persone è quello delle nuove dipendenze, una su tutte la dipendenza digitale. Già in epoca pre-Covid molti giovani trascorrevano gran parte del loro tempo libero al computer o sullo smartphone. Ora il problema si è acuito, i ragazzi si rifugiano sempre di più in un mondo virtuale, dove le relazioni sono diverse da quelle reali. Il mondo virtuale è attraente perché è più semplice da vivere, qui è garantita una distanza di sicurezza che pe rmette di non scoprirsi troppo. Il rischio è che i ragazzi abbandonino man mano il rapporto diretto tra pari, preferendo l’incontro virtuale.
Come riconoscere i segnali, quando è il caso di intervenire
Cosa possiamo fare per aiutare i ragazzi? Quando preoccuparsi? Per quanto difficile, è necessario intercettare il prima possibile ogni forma di disagio e avere il coraggio di rivolgersi ad un professionista. Ci sono dei campanelli d’allarme che possono essere considerati indicatori molto utili per capire se è il caso di intervenire. Questi indicatori sono:
• incapacità a trovare piacere e interesse in attività piacevoli
•senso di inutilità
• tristezza anche nel tempo libero;
• poca energia
• scarsa autostima
• pensieri negativi;
• mancanza di reattività emotiva
• disturbi del sonno
• scarsa attenzione e concentrazione
• autolesionismo
• variazioni di peso.
Ci sono poi alcuni consigli pratici per i genitori con figli in preda a isolamento e forme di depressione:
• creare un ambiente domestico sereno per i ragazzi, che sia aperto al dialogo in modo che essi possano sentirsi liberi di esprimersi; tale ambiente non dovrà mostrarsi giudicante, ma adottare un atteggiamento di ascolto attivo;
• mostrare interesse per le passioni, i gusti, le manifestazioni di personalità dei figli, anche se non pienamente in linea con quelle dei genitori, per evitare di creare distanze, poi difficilmente recuperabili;
• favorire lo sport e le attività extra-scolastiche, di reale interesse del giovane. I ragazzi, soprattutto quelli più insicuri e fragili, devono poter svolgere attività che non sostengano solo la competitività ed il gareggiare ma tendano, invece, ad un fine più cooperativo e di collaborazione.
• favorire l’interazione con altri ragazzi della stessa età, anche al di fuori della scuola, permettendo frequentazioni ed esperienze;
• trascorrere con i figli del tempo dedicato a loro, non è necessario fare cose straordinarie, bastano anche alcuni momenti al giorno. Momenti nei quali non ci siano distrazioni. Pochi minuti ma che siano di qualità, in reale ascolto.
Perché affidarsi ad uno specialista?
E’ importante che il genitore possa rendersi consapevole quanto prima del disagio del figlio per poter intervenire e cercare di risolvere il problema, anche rivolgendosi ad uno psicologo. È normale sentirsi disarmati, non si dispongono degli strumenti giusti a disposizione per affrontare il problema. Non si sa da che parte iniziare per sbloccare la situazione. Tali strumenti sono invece gli attrezzi da lavoro dello psicologo, che può guidare e aiutare sia il genitore sia il ragazzo in questo percorso. Lo scopo è quello di riportare il ragazzo alla vita, renderlo consapevole del suo valore ed aiutarlo a superare le sue paure più grandi.