A differenza di quello acuto, il dolore cronico è persistente e lo stimolo doloroso diventa disconnesso dalla funzione sentinella del danno tissutale all’organismo.
Stando alle ultime definizioni, con il termine dolore cronico si indica un dolore persistente, che si ripresenta in un periodo di tempo prolungato o persiste oltre un mese dalla risoluzione di un danno tissutale. Si tratta di un dolore che in alcuni casi diventa il principale problema clinico del paziente, compromette la vita sociale e la personalità del paziente e che, quindi, necessita di una valutazione specifica e di una terapia e una riabilitazione mirata.
Differenze tra dolore cronico e dolore acuto
È bene soffermarsi innanzitutto su quelle che sono le differenze tra il dolore cronico e quello acuto. Se il dolore cronico, come visto, è persistente o comunque si manifesta più volte e per un periodo di tempo prolungato, il dolore acuto è quello che si avverte immediatamente in seguito ad un danno ad una parte del corpo, come ad esempio una lesione muscolare, un taglio, un’ustione etc. Il dolore acuto, è una sorta di segnale di allarme che il sistema nervoso centrale lancia per preservare il nostro organismo, per segnalarci un potenziale danno in atto e per permetterci di reagire. Il dolore acuto ha una durata limitata, infatti cessa con la guarigione della causa che lo ha provocato.
Se la condizione scatenante non viene gestita in modo corretto o se la causa sottostante non può essere trattata con successo, il dolore persiste e può cronicizzarsi. Lo stimolo doloroso non assume più la funzione di “segnale di allarme”, diventa sconnesso dalla funzione di sentinella del danno tissutale all’organismo. A differenza del dolore acuto, il dolore cronico costituisce, come ribadito dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, una vera e propria patologia che, dati alla mano, colpisce il 20% circa della popolazione mondiale.
Le cause
Per quanto riguarda le cause, il dolore cronico può essere una conseguenza di lesioni o di malattie protratte e irrisolte (per esempio neoplasie, artrite reumatoide, ernia del disco), che producono stimoli nocicettivi continui. In alcuni casi, questa sintomatologia può manifestarsi anche in assenza di patologie o lesioni evidenti; una lesione, anche se di lieve entità, può portare a cambiamenti persistenti (sensibilizzazione) nel sistema nervoso, dai recettori periferici alla corteccia cerebrale, che possono dare dolore persistente in assenza del persistere di stimoli che lo giustifichino.
Il trattamento
Come abbiamo visto, il dolore cronico può dipendere da fattori di natura diversa e non sempre esiste una relazione diretta tra lesione tissutale e dolore. Il dolore cronico, infatti, può anche essere di natura sociale o psicologica e per questo motivo è importante prendere in considerazione quella che è l’effettiva natura della sintomatologia dolorosa (approccio bio-psico-sociale).
Per quanto riguarda il trattamento di un dolore cronico di manifestazione muscolo-scheletrica, il fisioterapista si muove tra interventi manuali e non manuali, andando a trattare anche l’aspetto psicologico e sociale della problematica. Un miglioramento delle capacità cognitive e comportamentali del paziente, infatti, comporta anche un miglioramento nella sua percezione e gestione del dolore; per questo risulta anche fondamentale educare il paziente sulla natura del suo dolore, aiutarlo a non catastrofizzare e fornirgli degli strumenti e strategie per gestirlo. L’assistito deve comprendere il suo ruolo centrale nel trattamento, non deve pensare di essere una vittima passiva del suo disturbo, ma di poter avere un ruolo attivo nella sua gestione e risoluzione.
Il fisioterapista sfrutterà:
- Processi di adattamento neurofisiologici: plasticità neuronale
Evitare qualsiasi evocazione del dolore, inibire il dolore presente ed “allenare” i nuovi movimenti indolori.
- Processi di adattamento neuropsicologici: apprendimento
Attraverso:
-il disapprendere i movimenti che creavano il dolore appresi inconsapevolmente (compensi)
-esperienze remunerative positive (meno dolore, comportamento sano,..).
La gestione ottimale del dolore cronico prevede di affrontarne anche le problematiche psico-sociali che questo comporta, pertanto l’approccio più opportuno sarà multidisciplinare, che comprenda al suo interno l’intervento di diverse figure professionali. Il dolore cronico può avere diverse manifestazioni cliniche e colpire diversi distretti corporei o apparati, quindi, a seconda del caso, potremo vedere collaborare diversi professionisti, come il fisioterapista, lo psicologo, il nutrizionista, il medico, lo psichiatra, l’assistente sociale etc. . Un trattamento di questo tipo ha maggiore possibilità di successo rispetto ad uno basato su una sola modalità terapeutica.
Nel trattamento del paziente affetto da dolore cronico non è possibile individuare un approccio standard; è necessario costruire, caso per caso, un percorso riabilitativo intorno alla singola persona e ai suoi bisogni specifici.